Riflessioni su “La dodecafonia”
- Pubblicato da Adolfo Capitelli
- il 2 Aprile 2013
- 9 Commenti
- armonia, atonalità, dodecafonia, estetica, tonalità
Spero vivamente che questa piccola riflessione non provochi risentimenti nei miei confronti. Si tratta in effetti di un pensiero personale che può tranquillamente essere o non essere condiviso. L’idea di scrivere questo pensiero è nata dal fatto che spesso, confrontandomi con colleghi o parlando del più e del meno con compositori, il discorso è confluito sul tema della dodecafonia, sulla musica nata e maturata sulla scia di questa scuola e sul problema se in relazione a tale filone compositivo si possa parlare di una forma d’arte a tutti gli effetti. Dopo un lungo riflettere, personalmente sono giunto alla conclusione che non si possa definire come una forma d’arte pura. Questa mia affermazione (ovviamente opinabile) deriva dal fatto che ritengo tali composizioni artificiali e artificiose in quanto, sovvertendo totalmente il principio armonico della musica tonale, si da vita ad una musica basata su dissonanze, su intervalli dissociati in cui non esiste armonia e che danno luogo a una miriade di suoni che hanno l’effetto di creare più che della buona musica una serie interminabile di rumori e caos. Come è ben noto, la musica tonale si fonda sul principio armonico della successione di accordi (armonie per l’appunto); tali armonie sono ricavate dalla produzione simultanea di determinati gradi della scala tonale, in modo tale da determinare un risultato estetico gradevole all’udito.
I modelli di tali accordi sono in realtà un numero esiguo e la loro struttura interna rimane pressoché inalterata come tra l’altro le leggi che regolano la loro successione; tutto ciò crea le leggi fondamentali sulle quali si basa il sistema armonico. Estetico è ciò che è bello naturalmente; Kant nel 1790 trattando la teoria dell’arte bella nella sua “Critica del giudizio” applica il termine di estetica al giudizio di valore relativo del bello e un suo erede definisce come teoria del bello la perfezione percepita attraverso i sensi. I difensori della scuola viennese di A. Schonberg, A. Webern e A. Berg, della cosiddetta “nuova musica”, prenderanno a difesa delle loro teorie il Tristano di R.Wagner eseguito per la prima volta nel 1864. E’ vero che questo lavoro rappresenta una specie di rivoluzione all’interno del mondo compositivo e un trampolino di lancio per nuove idee compositive, ma è pur sempre una composizione che è saldamente legata nel suo aspetto complessivo alle norme fondamentali della musica e dell’estetica.
D’altronde, se è ormai cosa nota che tale musica provoca davvero scarso entusiasmo presso pubblico, credo sia il caso che i musicisti stessi si pongano delle domande e non si riducano ad osservare l’affermazione di Schonberg secondo il quale “…l’arte non deve abbellire ma deve essere vera…” ; io personalmente preferisco quella di Mozart per il quale “…la musica non deve offendere l’udito, ma risultare gradevole per chi l’ascolta: in altre parole, non deve mai cessare di essere musica…”. Poi, come diceva il Manzoni, “…ai posteri l’ardua sentenza…”
(Adolfo Capitelli, 2 Aprile 2013)
9 Commenti